Il forum dell’Agorà 2024 di mercoledi 28 dal titolo “Non chiamarmi zingaro” ha
affrontato il tema di una comunità da sempre oggetto di discriminazioni e pregiudizi: quella dei rom
e sinti. 12 milioni in tutta Europa, 150.000 nella sola Italia, lo 0,06 % della popolazione italiana che
vive in insediamenti formali e informali. Tutti loro riempirebbero a malapena due stadi di calcio,
ben piccola percentuale dunque di popolazione confinata dagli anni 80 nei cosiddetti “campi
nomadi” creati da quando le istituzioni italiane (non è avvenuto altrove in Europa) hanno pensato
che i rom fossero “nomadi per cultura” e non per effetto di un’attività, per lo più quella circense o
di giostrai, che li portava in giro per l’Italia. Così tale «giustificazione culturale» è servita di fatto a
sancire l’esclusione sociale di una comunità intera, fomentando pregiudizi nei loro confronti. E la
soluzione abitativa dei “campi”, dove poi dagli anni 90 arrivarono coloro che scappavano dalla
guerra dell’ex Yugoslavia, è divenuta sia la causa che l’effetto dell’odio (che in Italia si attesta
all’85%) nei confronti delle persone appartenenti a questi gruppi etnici, nonostante molti siano a
tutti gli effetti cittadini italiani da intere generazioni.
Noè Maggini, oggi affermato stilista dell’omonimo brand, con all’attivo ben 15 sfilate a Pitti
Moda, (la sesta l’ha chiamata proprio “gipsy” per raccontare attraverso le sue creazioni la storia del
suo popolo) ha raccontato ai ragazzi in ascolto il peso che per anni ha dovuto sopportare nel sentirsi
“un problema” per i suoi compagni di scuola, ma senza capirne il perché, non avendo mai
commesso, né lui o esponenti della sua famiglia, nulla di male, a parte il fatto di vivere in una
roulotte di viale Marconi. La stessa esperienza narrata da Emanuele Piave, che si esprime in un
italiano forbito e puntuale. Frequenta da 4 anni un corso serale per poter conseguire quel diploma di
maturità che la sua esclusione sociale non gli ha permesso di raggiungere da adolescente. Perché
stereotipi e pregiudizi, ha sottolineato, stanno negli occhi di chi guarda e pretende di giudicare
senza conoscere da vicino le persone..
«Come accade a me» ha affermato una studentessa, attenta e partecipe con gli altri suoi
compagni, «che gioco a calcio e come donna devo convivere con tanti stereotipi sulle calciatrici…»;
«oppure ai ragazzi disabili! » osserva un altro…
Si è parlato anche del “porrajmos” lo sterminio subito dagli “zingari” durante la 2^ guerra
mondiale nei lager nazisti, e di cui si sa ben poco. Vi ha fatto riferimento la prof.ssa Matilde Griffo,
che fu responsabile del Progetto “Insieme. Dal Porrajmos alla strategia nazionale d’inclusione con
i rom e con i sinti”, finanziato dal MIUR insieme ad UNAR ed al Dipartimento per le pari
opportunità, e che coinvolse più di 3000 studenti di 5 scuole sparse sul territorio nazionale (Capofila
proprio il Copernico).
Su Youtube, ha ricordato, è possibile rivedere il video che fu prodotto dal
regista Denny Lanza con i lavori elaborati dagli studenti coinvolti nel progetto
(https://youtu.be/UrkrnM6mQac) e la campagna contro l’antiziganismo e tutte le forme di razzismo
e di esclusione che fu lanciata allora, #andiamoltre (https://youtu.be/aZuVUnMyrLg).
Conoscere il Porrajmos ci fa comprendere dove possa portare il pregiudizio che ancora
ammorba il cuore di molti. Anche l’agorà può servire a capire come sia possibile abbattere ogni
stereotipo. E un abito di alta moda che brilla su un manichino.
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