Il professore Carlo Toffalori e le Vite parallele all’Agorà

Forum con il prof. Carlo Toffalori, logico e matematico italiano

Carlo Toffalori è professore ordinario di Logica matematica all’Università di Camerino. È presidente dell’Associazione italiana di logica e sue applicazioni. Tra i suoi libri ricordiamo: Matematica, miracoli e paradossi (Bruno Mondadori, 2007) e L’arte di uccidere i draghi. Le vie matematiche della morale, entrambi scritti in collaborazione con S. Leonesi (Pristem, 2013); Il matematico in giallo (Guanda, 2008), L’aritmetica di Cupido (Guanda, 2011), Numeri in giallo (“Mimesis”, 2012), Algoritmi (Il Mulino, 2015).

La verità può essere rappresentata da una dimostrazione matematica che prosegue all’infinito? Questa la domanda che ha introdotto il tema del coinvolgente forum in una costante e appassionata dialettica fra matematica e letteratura. Ma che cos’è la verità? La scienza sa svelare la verità? E come si pone la letteratura dinnanzi ai grandi cambiamenti epocali? La sfida lanciata dal professore è partita da definizioni dal sapore poetico:“la neve è bianca, è vero, se e solo se la neve è bianca” (Alfred Tarski); “la verità non è un cristallo che si può mettere in tasca, bensì un mare sconosciuto in cui ci si getta”(Robert Musil). Il focus poi è stato spostato sapientemente sul matematico David Hilbert (Königsberg 1862 – Göttingen 1943) e su Luigi Pirandello (Agrigento 1867 – Roma 1936).

Dagli “Elementi” di Euclide, considerati per circa due millenni l’unica e indiscussa forma di conoscenza geometrica, siamo passati alle geometrie non euclidee e alla teoria dei numeri transfiniti di Georg Cantor (San Pietroburgo 1845 – Halle1918), per poi giungere alla strada tracciata da Hilbert e da Pirandello. In questo suggestivo confronto, l’arbitraggio non poteva che essere affidato idealmente allo scrittore Plutarco, autore delle Vite parallele.

Per Hilbert i requisiti chiave di un buona teoria matematica sono: 1) la coerenza – l’assenza autocertificata di paradossi e contraddizioni: “C’è […] una condizione, una sola ma assolutamente necessaria, alla quale è collegato l’uso del metodo degli elementi ideali, e questa è la dimostrazione della non contraddittorietà; 2) la completezza – la capacità di far luce su ogni proposizione: “Noi dobbiamo sapere, noi sapremo”;“Questa convinzione della risolubilità di ogni problema matematico è per noi un potente stimolo durante il lavoro. Dentro di noi udiamo continuamente l’appello: «Ecco il problema, cerca la soluzione. La puoi trovare mediante il puro pensiero perché in matematica non c’è lo ‘Ignorabimus’».

Pirandello non ebbe interessi specifici per la matematica, ma subì il fascino della scienza, anche se rifiutò l’impostazione positivistica. Compose due saggi, Arte e scienza e Soggettivismo e oggettivismo nell’arte narrativa (1908), in cui riconosce che l’arte deve essere libera.
Ripercorrendo gli sviluppi narrativi di alcuni drammi pirandelliani, Così è (se vi pare) (1917), Il giuoco delle parti (1918), Sei personaggi in cerca di autore (1921), Enrico IV (1922), Questa sera si recita a soggetto (1930), Trovarsi (1932), il prof. Toffalori ha evidenziato lo stringente meccanismo logico, anche se paradossale, che è sotteso, nell’impossibilità di giungere a una verità univoca. Non esiste il disvelamento: “Io sono sì la figlia della Signora Frola e la seconda moglie del signor Ponza, sì; e per me nessuna! Nessuna! Io sono colei che mi si crede”, questa la battuta finale di Così è (se vi pare).

Il relativismo conoscitivo pirandelliano richiama l’idea di una matematica soggettiva. I teoremi di incompletezza di Kurt Gödel (Brno 1906-Princeton 1978) fanno crollare il sistema di Hilbert: anche in matematica ci sono verità indimostrabili. Concetti fondamentali, a cominciare da quelli di tempo e spazio, non saranno mai i protagonisti di una commedia finita, dove ciascuno ha la sua parte e il suo ruolo, ma saranno sempre i “Sei personaggi in cerca di autore”. Per Bertrand Russel, filosofo, matematico, logico (Misticismo e logica; La matematica e i metafisici), “la matematica (pura) può essere definita come la materia nella quale non sappiamo mai di che cosa stiamo parlando né se ciò che stiamo dicendo è vero”.

Il matematico Bruno De Finetti (Innsbruck 1906-Roma 1985) definisce Pirandello un maestro di logica, offrendoci nei suoi scritti sulla probabilità questo interessante preambolo:
Parafrasando un brano di Pirandello nel romanzo Uno, nessuno e centomila col sostituire “probabilità” a “realtà” e “sento” a “mi do”, il discorso potrebbe iniziare così : Ci fosse fuori di noi, per voi e per me, ci fosse una signora probabilità mia e una signora probabilità vostra, dico per se stesse, e uguali, immutabili. Non c’è. C’è in me e per me una probabilità mia: quella che io sento, e una probabilità vostra in voi: quella che voi sentite; le quali non saranno mai le stesse, né per voi né per me.
A questo punto è chiaro il legame concettuale fra Pirandello e la matematica: il relativismo.

Ritorna l’eco dell’impostazione data al lavoro scientifico da Hilbert, secondo cui la ricerca deve essere dinamica, curiosa, aperta a nuovi orizzonti, rigorosa ma non rigida per aggiungere alle precedenti acquisizioni porzioni di verità che potrebbero dischiudere nuovi orizzonti. Non un un’unica verità aprioristica imposta dall’evidenza, ma una pluralità di sistemi, e quindi più verità legate all’interpretazione del mondo, alle elaborazioni del “puro pensiero” (mai fisso)…..e ancora…..rigore, ma non rigidità! La ricerca come impegno costante per una conoscenza sempre più piena.Una scienza è viva, se sa immaginare nuovi problemi (Problemi matematici, 1900).

Dunque in Hilbert e Pirandello possiamo scorgere un comune anelito verso la verità?

Prof.ssa Cinzia Marcucci

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